Non lasciatevi ingannare da un titolo – The Victim – che sembra preciso e inequivocabile, perché nulla in questo crime è scontato e facilmente afferrabile: ogni situazione mostrata, anche quella apparentemente più chiara e lineare, presenta molteplici livelli di lettura e ramificazioni narrative ed emotive inaspettate. 

La miniserie targata BBC1, disponibile in Italia su Sky Investigation e in streaming su Now, è un dramma investigativo che chiede continuamente allo spettatore di ricalibrare le proprie posizioni e osservare lo svolgersi della storia da punti prospettici inusuali. The Victim, dicevamo. In effetti c’è una vittima, anzi più di una, ma tutto sta a capire chi rientra nella definizione e, soprattutto, in base a quali categorie morali ed etiche. La storia raccontata spinge però anche a cercare di capire per mano di chi o di cosa si è vittime, perché si può soccombere tanto sotto i colpi di un carnefice, quanto sotto quelli del destino, delle circostanze o di un insieme di situazioni drammaticamente sfortunate che rendono colpevoli e vittime al tempo stesso. 

La storia è quella di Anna Dean, interpretata da una Kelly Macdonald intensa e risoluta, che a distanza di 15 anni è ancora divorata dal dolore causato dalla morte del figlio Liam ucciso brutalmente all’età di nove anni. Anna si è risposata e ha avuto altri due figli, ma non ha mai rinunciato al proposito di rintracciare l’assassino del primogenito. L’aggressore all’epoca dei fatti era minorenne, si dichiarò subito colpevole e, dopo un processo celebrato a porte chiuse, ricevette una condanna a sette anni. Una volta scontata la pena, il colpevole ha potuto godere di una nuova identità accordatagli dal tribunale. A queste condizioni, il dolore di Anna si è trasformato in rabbia per una sentenza così lieve che, per di più, ha privato lei di un confronto diretto con l’uccisore, ma ha accordato a quest’ultimo la possibilità di essere protetto dall’anonimato e potersi ricostruire una vita senza dover rendere conto del suo passato a nessuno.

the victim

Craig Myers -James Harkness, espressivo e convincente – è un uomo mite e riservato, marito e padre di famiglia. La sera di Halloween Craig viene aggredito brutalmente. Subito dopo, in un forum, vengono pubblicate sue informazioni private – indirizzo, numero di telefono e luogo di lavoro – unitamente all’accusa di essere l’assassino che 15 anni prima aveva ucciso il figlio di Anna. Da qui l’incubo per l’uomo e la sua famiglia che vengono emarginati dalla comunità cittadina, e resi destinatari di minacce e atti vandalici. Stando ai fascicoli in possesso della polizia, Meyers è effettivamente chi afferma di essere, ma per qualche motivo l’uomo non vuole rendere pubblici dettagli della sua vita passata e della sua adolescenza – fotografie, diplomi, testimonianze di vacanze – che dimostrerebbero senza dubbio anche ai concittadini di non essere l’assassino.

Da questa doppia storia interconnessa dipartono due linee investigative mentre agli spettatori vengono poste due istanze diverse: quella di Anna e del comprensibile furore con il quale brama vendetta, e quella di Craig Meyers intenzionato a proteggere il suo passato senza cedere al ricatto.

Nel quadro si inserisce un detective (John Hannah) che insieme alla procuratrice solleva la questione morale più spinosa: Meyers va difeso indipendentemente dalla sua presunta identità, perché anche se è facile simpatizzare con la rabbia e il malessere di Anna, il colpevole ha espiato la sua condanna e, come stabilisce la legge, ha diritto alla sua nuova vita. Da qui ci si chiede se una comunità sia più al sicuro se ospita al suo interno un vendicatore solitario che si sente al di sopra i ogni legge, fino al punto di distruggere la vita di persone innocenti, o se è disposta ad accogliere una persona completamente riabilitata nonostante un passato inquietante.

Nella migliore tradizione dei crime BBC, la storia presentata in The Victim non segue mai la via più scontata preferendo avvincere muovendosi tra court drama e detection senza mai perdere di vista l’elemento etico ed emotivo che rappresenta, in ultima analisi, il vero fulcro della vicenda.

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Mara Ricci

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